Contenzioso

Nei lavori parasubordinati sempre alto il rischio d'incertezza

di Giuseppe Bulgarini d'Elci


La sentenza 4346/15 della Cassazione, nella quale l'attivazione dei contratti di collaborazione con un gruppo di lavoratori pensionati è stata cancellata sul presupposto che i rapporti dovessero ricondotti nell'ambito di una prestazione di lavoro dipendente, costituisce un ottimo esempio delle distorsioni a cui può portare, nell'attuale mercato del lavoro, l'applicazione di forme contrattuali di lavoro autonomo parasubordinato, tanto più se comportano un inserimento del collaboratore all'interno della struttura aziendale.
I confini del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa rispetto al rapporto di lavoro subordinato, alla luce della vigente disciplina di legge, non sono mai stati troppo marcati e definiti, lasciando il soggetto committente in una condizione di sostanziale incertezza rispetto alla tenuta del tipo contrattuale prescelto in alternativa al classico contratto di lavoro dipendente.


Da un lato, a caratterizzare la genuina collaborazione sono gli elementi della continuatività, del coordinamento con l'organizzazione del committente e della collaborazione prevalentemente personale, cui si aggiunge come elemento essenziale ed imprescindibile (fatte salve specifiche eccezioni, tra l'altro, per i percettori di pensione di vecchiaia) la presenza di uno specifico progetto preordinato al conseguimento di un risultato. Dall'altro lato, a contraddistinguere il lavoro dipendente sono, in primis, la soggezione del lavoratore al potere di direzione e controllo datoriale e l'inserimento stabile nell'organizzazione aziendale, che in prestazioni di contenuto specialistico o dirigenziale risultano, come riconosciuto da numerose pronunce giurisprudenziali, inevitabilmente attenuati.
In un tale contesto, non solo quando manchi un genuino progetto di lavoro collegato ad un obiettivo finale, ma anche quando questi elementi sul piano formale siano stati compiutamente enunciati, può non risultare agevole affermare il carattere autonomo e non subordinato della prestazione resa dal collaboratore.


Il fiume carsico di pronunce della giurisprudenza che in tale materia continua a prodursi ne è chiarissimo esempio.
In questo quadro si colloca adesso la nuova disciplina prospettata con lo schema di decreto legislativo di riordino delle tipologie contrattuali, che espressamente prevede il superamento del contratto di lavoro a progetto e la riconduzione nell'ambito del lavoro subordinato delle collaborazioni continuative ed esclusivamente personali, connotate da contenuto ripetitivo e con modalità di organizzazione rimesse al committente anche per ciò che attiene ai tempi ed al luogo della prestazione.
È presto per formulare una compiuta analisi sul nuovo testo, ma sembrerebbe potersi affermare che la nuova disciplina non eliminerà del tutto quegli elementi di incertezza che accompagnano l'attivazione dei rapporti di collaborazione.

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