Contenzioso

Lavoro al videoterminale: la pausa non spetta in caso mansioni varie

di Simona Maretti

Non compete il risarcimento del danno al lavoratore addetto stabilmente al videoterminale per il mancato godimento delle pause qualora l'attività, seppure in modo residuale, contempli cambiamenti di mansioni. È quanto chiarisce la Cassazione con la sentenza 11 febbraio 2015, n. 2679, andando ad interpretare i contenuti dell'articolo 54 del Dlgs. 626/1994, oggi articolo 175 del Dlgs n. 81/2008 (Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro), con riferimento ad una dipendente Telecom addetta al servizio 187.

La sentenza di primo grado aveva accolto il ricorso della lavoratrice, stabilendo un risarcimento di quasi quattromila euro per mancata fruizione delle pause al videoterminale; la sentenza d'appello, su gravame proposto da Telecom, rigettava viceversa la domanda della dipendente.

La norma in questione, nell'originaria versione, prevedeva che qualora il lavoratore svolgesse la sua attività al videoterminale per almeno quattro ore consecutive, avesse diritto a una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività. La novella ha modificato la disposizione, eliminando l'inciso delle quattro ore di lavoro continuativo ma mantenendo inalterata l'alternativa tra pause e cambiamenti di attività.

L'articolo 175 del Testo unico demanda alla contrattazione collettiva, anche aziendale, la determinazione delle modalità di tali interruzioni. In difetto, il lavoratore comunque ha diritto a una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale. Dette interruzioni non possono essere cumulate all'inizio e al termine dell'orario di lavoro. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di lavoro. Nei tempi di interruzione non sono compresi quelli di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro.

La ratio di tale speciale protezione risiede nella circostanza che l'interazione continuativa con attrezzature munite di videoterminali può favorire l'insorgenza di disturbi astenopici piuttosto che muscolo-scheletrici o psicologici e perciò rappresenta un elemento di potenziale rischio per la salute del lavoratore, così come definita dall'articolo 2, comma 1, lett. o) del Dlgs n. 81/2008. La violazione dell'articolo 175, commi 1 e 3, comporta l'applicazione di sanzioni penali a carico del datore di lavoro e del dirigente che possono essere assoggettati alla pena dell'arresto da tre a sei mesi o dell'ammenda da 2.740,00 a 7.014,40 euro.

Il Titolo VII del Testo unico, fermo restando il generale obbligo protettivo ex articolo 2087 del codice civile, dispone l'applicazione della speciale normativa di tutela nei confronti del lavoratore adibito al videoterminale «in modo sistematico o abituale per venti ore settimanali». Nel caso di specie non viene messo in discussione il carattere “sistematico o abituale”, nella giornata e quindi nella settimana, dell'adibizione al videoterminale, bensì la continuità. Risulta, infatti, che l'attività degli operatori del 187 – fra cui la ricorrente – comportava per il 60% del tempo l'uso del videoterminale e per il residuo tempo lo svolgimento di mansioni di back office di tipo amministrativo che non necessitavano, se non in modo del tutto episodico, dell'uso del computer.

In virtù di tali circostanze, accertate dal giudice di merito e insindacabili in sede di legittimità, la Corte ha ritenuto insussistente la continuità di adibizione al videoterminale. Ha considerato lo svolgimento di attività complementari sufficiente ad integrare il cambiamento di attività richiesto dall'articolo 54 del Dlgs n. 626/1994 in alternativa alle pause ai fini della necessaria interruzione dell'attività.

Tali conclusioni valgono, mutatis mutandis, anche in relazione alla nuova formulazione della norma che mantiene come unico riferimento quantitativo le venti ore settimanali ai fini dell'accesso alla disciplina protettiva contenuta nel titolo VII. Ne consegue che ove l'attività del lavoratore sia svolta con utilizzo esclusivo del computer il datore di lavoro dovrà garantire il rispetto delle pause ovvero cambiamenti di attività; ove, viceversa l'attività già di per sé sia strutturata in modo tale da prevedere lo svolgimento di mansioni differenti senza l'uso del Pc, quand'anche marginali, il datore di lavoro potrà considerarsi adempiente.
In tal caso, dunque, il lavoratore non potrà vantare alcuna pretesa al risarcimento del danno per la mancata fruizione delle pause, venendo meno l'obbligo datoriale di garantirle.

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