Contenzioso

Ced, niente gare d’appalto per l’affidamento della consulenza del lavoro

di Giulia Ambrosino e Francesca Tugliani

Esprimendo il proprio sindacato su tre sentenze del Tar Liguria, il Consiglio di Stato con la sentenza del 16 gennaio 2015, n. 103, si è pronunciato in merito ai requisiti che devono sussistere in capo ai soggetti a cui vengono affidati servizi professionali da parte di un ente pubblico.

La vicenda nasce da una gara di appalto indetta dalla Fondazione istituto italiano di tecnologia per l'affidamento del servizio di “elaborazione buste paga, gestione dei documenti e degli adempimenti connessi, consulenza in tema di amministrazione del personale” ed aperta a consulenti del lavoro, avvocati, commercialisti, ragionieri e periti commerciali, società di professionisti ai sensi dell'articolo 10 della legge n. 183/2011 e a società commerciali con alle proprie dipendenze almeno uno dei soggetti in possesso dei requisiti di iscrizione al rispettivo albo professionale.

Con le tre sentenze impugnate da uno studio professionale partecipante al bando di gara, il Tar Liguria aveva ritenuto legittima la partecipazione allo stesso di società commerciali (come quella poi risultata aggiudicataria) e non solo di liberi professionisti o di società interamente partecipate da liberi professionisti ai sensi della legge n. 183/2011.

Il Consiglio di Stato, sussistendo evidenti ragioni di connessione di ordine oggettivo e soggettivo, ha deciso in modo congiunto i tre ricorsi proposti dal predetto studio, accogliendoli e disponendo l'inefficacia del contratto di appalto (stipulato tra l'appaltante ed una società commerciale aggiudicataria diversa da quella) con subentro dell'appellante nel contratto, nonché la condanna dell'appellato al risarcimento del pregiudizio economico patito dall'appellante.


Motivazioni della sentenza
Tra i motivi di ricorso proposti al Consiglio di Stato, l'appellante lamenta: (i) che il primo giudice ha erroneamente interpretato il contenuto della lex specialis di gara in relazione al quadro normativo che riserva a particolari professioni caratterizzate da un albo professionale l'espletamento dei servizi che costituivano l'oggetto dell'appalto; (ii) l'erroneità della sentenza nella parte in cui viene affermato che qualsiasi società può partecipare ad appalti pubblici aventi ad oggetto prestazioni riservate agli iscritti ad ordini professionali, all'unica condizione di servirsi delle prestazioni di professionisti abilitati.

Il Consiglio di Stato ha in primo luogo evidenziato che le attività richieste all'aggiudicatario non si limitavano allo svolgimento di mere operazioni di calcolo e stampa di cedolini (per le quali il comma V dell'art. 1 legge n. 12/1979 consente che la prestazione possa essere svolta da centri di elaborazione dati purché “assistiti” da soggetti iscritti agli albi di cui all'art. 1 della stessa), ma includevano anche lo svolgimento di attività di carattere intellettuale implicanti il possesso di specifiche conoscenze lavoristico-previdenziali.

In ragione di ciò l'espletamento delle stesse era riservato agli iscritti alle professioni di cui alla legge n. 12/1979 e la clausola del bando che consentiva di derogare a tale riserva risultava illegittima per violazione della riserva legale di cui all'art. 1 della predetta legge e violava il divieto di esercitare attività libero professionali nella forma di società commerciali diverse da quelle previste all'art. 10 della legge n. 183/2011, cioè interamente partecipate da liberi professionisti, unica forma ammessa di esercizio in forma societaria delle professioni intellettuali.

Infine, per quanto concerne le asserite violazioni del diritto di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, viene chiarito che il quadro normativo nazionale non presenta alcun profilo di contrasto con l'ordinamento europeo: «le prescrizioni e le parziali limitazioni di cui all'articolo 1 della l. n. 12 del 1979 e di cui all'articolo 10 della l. n. 183 del 2011 appaiono del tutto compatibili con i principi comunitari di libera circolazione, libera prestazione e parità di trattamento, posto che non introducono rispetto a quelli limitazioni eccessive e non proporzionate rispetto a quanto necessario per il conseguimento delle richiamate finalità di interesse generale. Ciò in quanto il vigente quadro normativo riserva ai professionisti iscritti ad albi attività caratterizzate da apprezzabile complessità (quali quelle di cui al contratto per cui è causa), mentre consente che ulteriori e diversi soggetti (fra cui le società commerciali) possano svolgere attività caratterizzate da minore complessità e, in ultima analisi, di carattere meramente compilativo».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©