Contenzioso

Contributo di mobilità, esenzione a maglie strette

di Giuseppe Bulgarini D'Elci

L'esenzione dal pagamento dal contribuito di mobilità, prevista dall'articolo 3, comma 3, della Legge 223/91, ha natura eccezionale e si applica nella sola ipotesi, espressamente prevista dal legislatore, in cui il licenziamento collettivo sia disposto dagli organi di una procedura concorsuale. Il principio è stato affermato dalla Cassazione con la sentenza 23984/14.

Secondo l'articolo 3, comma 3, della Legge 223/91, quando non sia possibile la continuazione dell'attività, anche tramite cessione dell'azienda o di sue parti, o quando i livelli occupazionali possano essere salvaguardati solo parzialmente, il curatore, il liquidatore o il commissario hanno facoltà di collocare in mobilità (ai sensi dell'articolo 4 della Legge 223/91) i lavoratori eccedenti. In tali casi, il contributo a carico dell'impresa (quale previsto dall'articolo 5, comma 4, della medesima Legge 223/1991) non è dovuto.

La Cassazione interpreta la norma aderendo ad un precedente indirizzo della giurisprudenza di legittimità per cui la fattispecie che determina il diritto all'esenzione contributiva si realizza solo ed esclusivamente quando, dopo che sia stata accertata l'impossibilità di continuazione dell'attività aziendale o, comunque, di salvaguardia dei livelli occupazionali, sia stata disposta la collocazione in mobilità dei lavoratori eccedenti nell'ambito di una procedura concorsuale.

Nel caso esaminato l'Inps aveva impugnato la decisione della Corte d'appello di Palermo, la quale, accedendo alla tesi dell'impresa, aveva ritenuto che la datrice di lavoro dovesse essere esonerata dal pagamento del contribuito di mobilità sul presupposto, indotto dal sequestro dello stabilimento nell'ambito di un procedimento per inquinamento ambientale, che si era verificato un caso di assoluto fermo produttivo, da cui era scaturita la decisione dell'imprenditore di licenziare tutti i lavoratori.

L'Istituto ha impugnato la decisione, sostenendo che l'esclusione dal pagamento del contributo di mobilità si applica tassativamente alla sola ipotesi di riduzione del personale intervenuta nel contesto di una procedura concorsuale, restando escluse, invece, tutte quelle situazioni in cui il licenziamento dei lavoratori nell'ambito di una procedura collettiva di riduzione del personale per cessazione dell'attività aziendale sia dovuta ad un provvedimento del datore di lavoro.

La Suprema corte aderisce alla tesi dell'ente previdenziale e afferma che, alla luce della formulazione del testo di legge, il diritto all'esenzione contributiva presuppone che, una volta accertata l'impossibilità di continuare l'attività aziendale o, alternativamente, che i livelli occupazionali possano essere salvaguardati solo parzialmente, gli organi della procedura concorsuale dispongano la collocazione in mobilità dei lavoratori in soprannumero.

Ad ulteriore conforto della propria decisione, la Cassazione richiama un proprio precedente nel quale era stato ritenuto che il beneficio dell'esonero contributivo non competesse neppure in un caso in cui la procedura di riduzione del personale ex lege 223/91 era stata promossa dall'imprenditore, anche se il medesimo imprenditore aveva contestualmente richiesto l'ammissione ad una procedura concorsuale, con ciò avallandosi un'interpretazione assolutamente restrittiva del dato normativo.

L'articolo 3, comma 3, della Legge 223/91, secondo quanto emerge dalla sentenza 23984, costituisce eccezione alla regola generale per cui le imprese i cui lavoratori sono collocati in mobilità hanno l'obbligo di effettuare il pagamento del relativo contributo, conseguendone che non può essere avallata un'interpretazione estensiva della norma.

La sentenza 23984/14 della Cassazione

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