Contenzioso

La risoluzione consensuale davanti alla Dtl può cambiare la sostanza della procedura

di Aldo Bottini

La sentenza del Tribunale di Milano che attribuisce rilievo, ai fini del raggiungimento della soglia numerica che impone l'attivazione della procedura di licenziamento collettivo, alla mera intenzione di licenziare espressa nel preventivo tentativo obbligatorio di conciliazione avanti la DTL (Direzione territoriale del lavoro), a prescindere dal numero di licenziamenti irrogati, pone un problema pratico ancor prima che teorico.

Viene infatti a crearsi una situazione in cui la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro non “conta” se interviene prima del tentativo obbligatorio di conciliazione, mentre entra nel computo dei lavoratori interessati alla riduzione del personale se pattuita nel corso della procedura avanti la Dtl.

Ed è noto che la risoluzione consensuale in corso di procedura da diritto all'Aspi, al contrario di quella raggiunta fuori dalla procedura medesima. Ciò comporta che spesso, nella pratica, la procedura venga avviata anche quando è probabile (se non addirittura già deciso) che l'esito sarà una risoluzione consensuale, il più delle volte su richiesta dello stesso lavoratore interessato alla risoluzione medesima, che non vuole privarsi dell'Aspi.

Il principio affermato dal Tribunale di Milano impone alle aziende una maggiore attenzione al riguardo. Attivare la procedura conciliativa nei casi in cui l'accordo è sostanzialmente già raggiunto può precludere la possibilità di attivare nello stesso periodo licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.

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