Contenzioso

Prescrizione dei crediti di lavoro e trasferimento di azienda

di Silvano Imbriaci

Con la sentenza n. 21565 del 13 ottobre 2014, la Cassazione adotta un principio assai rilevante in materia di tutela dei crediti retributivi nei fenomeni circolatori della titolarità dell'azienda (trasferimento, affitto, usufrutto, cessione): il cessionario acquista gli obblighi gravanti sul cedente in favore del lavoratore, con l'unico limite di quelli estinti per prescrizione, considerando l'intero rapporto di lavoro in modo unitario. L'art. 2112 c.c. prevede, in caso di trasferimento di azienda, una speciale disciplina nei confronti dei lavoratori dipendenti del cedente, che si realizza nella garanzia della continuazione del rapporto di lavoro con il cessionario (“In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”). Da tale principio scaturiscono alcune importanti conseguenze: la conservazione di tutti i diritti derivanti al lavoratore dal rapporto di lavoro incardinato con il cedente nonché la previsione di una responsabilità solidale tra cedente e cessionario per i crediti retributivi del lavoratore. Peraltro, il cessionario risponde per i crediti del lavoratore anche indipendentemente dalla effettiva conoscenza che ne abbia e, se risultano dai libri contabili, anche di quelli relativi a rapporti di lavoro cessati. In questo contesto di generale insensibilità dei diritti del lavoratore a fronte di fenomeni di circolazione aziendale, deve essere letta la pronuncia della Cassazione che ha ritenuto erronea la distinzione (operata dalla sentenza della Corte d'appello oggetto di riforma) tra momento precedente la cessione e momento successivo ai fini della verifica della prescrizione dei crediti di lavoro. Il rapporto di lavoro è e rimane sostanzialmente unico e non può ritenersi interrotto per effetto della cessione. Il termine di prescrizione dei crediti di lavoro, secondo le regole generali, non può dunque decorrere in corso di svolgimento del rapporto stesso, con la conseguenza che risulta del tutto ingiustificata, secondo la Cassazione, la limitazione dell'esigibilità del credito retributivo ai periodi successivi alla cessione dell'azienda, con applicazione rigida del termine quinquennale a ritroso. Nel caso di specie il lavoratore aveva lavorato per circa venti anni presso una medesima struttura (camping), anche se medio tempore l'azienda era transitata al socio di fatto ed erede del primo titolare per poi essere definitivamente ceduta ad una società (r.l.). Il tribunale, con decisione sul punto confermata anche in appello, aveva ritenuto che mentre non era intervenuta nessuna prescrizione nei confronti dei cessionari dell'azienda, non potevano ritenersi esigibili i crediti intervenuti prima del trasferimento d'azienda, per intervenuta prescrizione, e ciò, secondo la Cassazione, in evidente contraddizione rispetto al principio (pure correttamente enunciato in sede di merito) della sostanziale continuità del rapporto di lavoro e della impossibilità di decorso del termine di prescrizione durante lo svolgimento del rapporto di lavoro stesso. Secondo quanto si legge in motivazione, se la struttura aziendale presso cui si è svolta l'attività lavorativa ha mantenuto una sostanziale identità per tutto il periodo di riferimento, nonostante le cessioni aziendali intervenute, non può essere escluso l'obbligo per i periodi antecedenti il trasferimento, sulla base di una distinzione, ai fini della prescrizione, tra il momento precedente e quello successivo al trasferimento. Semmai, aggiunge la Corte, la validità di una tale distinzione poteva misurarsi solo con riferimento alla responsabilità degli eredi del primo titolare cedente, non titolari del rapporto di lavoro, per le obbligazioni direttamente gravanti sul defunto primo datore di lavoro, ma non con riferimento ai successivi cessionari, per i quali non poteva dirsi maturata la prescrizione per i crediti antecedenti la cessione.

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