Contenzioso

L'onere della prova nell'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro

di Gianluigi Gaeta

La sentenza della Corte di Cassazione 13 ottobre 2014, n. 21580 conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale, formatosi in seno al Supremo Collegio in materia di accertamento della natura subordinata di un rapporto di lavoro, ribadendo come possa ritenersi sussistente tale fattispecie, solo qualora il detto rapporto sia caratterizzato, nelle sue concrete modalità di esecuzione, dagli elementi tipici che qualificano la figura negoziale di cui all'art. 2094 cod. civ.
Di conseguenza, proprio avendo a riferimento il contenuto obbligatorio tipico della fattispecie di cui alla norma codicistica sopra richiamata, un lavoratore deve ritenersi subordinato se, in ossequio a quanto previsto dall'art. 2104 cod. civ., è tenuto ad obbedire al datore di lavoro circa non solo le modalità di esecuzione dell'attività lavorativa da questi prestata ma anche con riferimento ad altre direttive che non concernono strettamente l'esecuzione della prestazione dedotta in contratto (come l'abbigliamento da indossare, la procedura mediante la quale ottenere la fruizione di un periodo di riposo o di astensione dal rendere la propria attività ecc.); un lavoratore è, inoltre, subordinato se, ai sensi dell'art. 2105 cod. civ., è tenuto ad essere fedele al proprio datore di lavoro, dovendosi astenere dallo svolgere altra attività in concorrenza con la parte datoriale.
Di converso, un soggetto assume il ruolo di datore di lavoro, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2094 cod. civ., se può pretendere l'osservanza dei predetti obblighi da parte di chi rende la prestazione lavorativa, facendo ricorso ad un potere sanzionatorio, previsto dalla norma di cui all'art. 2106 cod. civ. che non ha equivalenti all'interno del nostro ordinamento giuridico di diritto privato (potere disciplinare).
Unicamente la sussistenza dei predetti requisiti può, quindi, condurre all'accertamento della natura subordinata di un rapporto di lavoro, considerando come la continuità della prestazione, l'inserimento organico della stessa all'interno della struttura organizzativa di chi se ne avvale ed il suo coordinamento con le esigenze produttive di colui che fruisce della detta prestazione, siano elementi riscontrabili anche all'interno della fattispecie propria delle collaborazioni coordinate e continuative (ex multis Cass., 19 aprile 2002, n. 5698).
Da quanto dedotto, consegue che chi agisce in giudizio per ottenere l'accertamento della natura subordinata di un determinato rapporto di lavoro, non può limitarsi a provare la sussistenza dei soli requisiti sopra menzionati o di altri fattori quali “l'osservanza di un orario e la forma della retribuzione”, in quanto, qualora nell'ambito di uno specifico giudizio dovessero emergere unicamente i suindicati elementi “il giudice deve ritenere che l'onere della prova a carico dell'attore non sia stato assolto e non già propendere per la natura subordinata del rapporto” (tra le varie, oltre alla sentenza in commento, Cass., 28 settembre 2006, n. 21028).
Tra l'altro, come correttamente precisato dalla sentenza in commento, i c.d. indici della subordinazione (rispetto di un orario di lavoro, inserimento della prestazione nell'organizzazione propria del datore di lavoro, determinazione e corresponsione del compenso da erogare in favore del lavoratore in maniera fissa ecc.) non costituiscono qualcosa di “ultroneo” rispetto alla manifestazione dei tipici poteri datoriali, cui si può far ricorso in via sussidiaria nell'ipotesi in cui gli stessi si presentino di difficile percezione, ma sono proprio modalità di regolamentazione della prestazione resa dal lavoratore che possono far presumere, solo qualora venga integrata la previsione di cui all'art. 2729 cod. civ., la natura etero diretta (e, quindi, subordinata) di una specifica attività lavorativa.

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