Contenzioso

I contratti senza causale riducono l’incertezza

di Giampiero Falasca

Una recente sentenza della Corte di cassazione in tema di causale dei contratti di somministrazione riapre un tema che è stato protagonista delle aule di tribunale negli ultimi anni. Il problema della “giustezza” della causale si è rivelato sostanzialmente irrisolvibile, quanto meno in via preventiva: nessuna azienda ha mai avuto la possibilità di utilizzare parametri oggettivi per indovinare la formula giusta da usare per evitare grane legali.

La sentenza della Corte di cassazione, paradossalmente, conferma l'assoluta incertezza che ha governato la materia negli ultimi anni (e che durerà ancora per tutti i contratti stipulati prima del marzo 2014): nel ritenere sufficientemente precisa la nozione di picchi di attività, ha infatti sconfessato quelle tante pronunce di merito che hanno sostenuto più volte il contrario.
Queste riflessioni ci fanno apprezzare ancora di più l'importanza della riforma approvata nel marzo scorso, con il Dl 34/2014 e la successiva legge di conversione: cancellare la causale (non solo per la somministrazione ma anche per il contratto a termine) ha significato, infatti, togliere di mezzo un elemento di instabilità intrinseca, che non dava tutele reali ma serviva solo ad alimentare contenziosi.
Il nuovo sistema non costringe il giudice a guardare le aziende dal buco della serratura, come richiedeva la vecchia normativa, ma ridisegna con chiarezza i confini di quello che si può fare e dei limiti che non possono essere superati, consentendo ai tribunali di svolgere un controllo effettivo e reali degli abusi.

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