Contenzioso

Nel rito Fornero non si può invocare l'unicità tra le società del gruppo

di Aldo Calza

Con ordinanza del 18.09.2014 il Tribunale di Roma ha fornito nuove indicazioni sui limiti di fruibilità del cosiddetto Rito Fornero (L. n. 92/2012).

La vicenda riguarda il licenziamento per giustificato motivo oggettivo di una dipendente di una piccola azienda, con soli 13 dipendenti, appartenente a un importante gruppo multinazionale.

La dipendente, nonostante la sua datrice di lavoro avesse meno di 16 dipendenti, azionava il Rito Fornero eccependo, in via preliminare, la sussistenza di una cosiddetta "unicità" tra le varie società del gruppo operanti in Italia (che, insieme, sommavano più di mille dipendenti), richiamando la nota e ormai consolidata giurisprudenza secondo la quale il frazionamento societario, se meramente fittizio e finalizzato alla elusione delle norme a tutela del licenziamento, non impedisce al Giudice di considerare le società frutto di tale frazionamento come un "unico centro di imputazione di interessi" al fine della applicazione delle norme a tutela del licenziamento.

La ricorrente aveva poi chiesto la reintegrazione, ex art. 18 dello Satuto dei Lavoratori, in quanto, a suo dire, la principale società del gruppo, che da sola occupa oltre 1.000 dipendenti, aveva in passato sottoscritto un accordo sindacale nel quale si sarebbe impegnata a riassorbire i dipendenti licenziati dalla società della quale la ricorrente era formalmente dipendente.
Il Tribunale, nell'ordinanza in esame, ha chiarito che la domanda inerente la pretesa "unicità" tra le entità legali che fanno parte di un medesimo gruppo societario non può essere formulata nell'ambito del Rito Fornero.

Ciò in quanto "tali questioni non riguardano … la qualificazione del rapporto di lavoro, bensì, ferma restando tale qualificazione, la titolarità effettiva del medesimo rapporto in contrasto con la situazione apparente".

Pertanto, questo genere di domande non può dirsi compreso tra quelle (assoggettate invece al Rito Fornero) inerenti l'impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall'art. 18 S.L. "anche quando devono essere risolte questioni attinenti alla qualificazione del rapporto di lavoro" (art. 1, comma 47, L. n. 92/2012).

Esclusa la azionabilità del profilo della unicità, il Tribunale ha ritenuto incompatibile con il Rito Fornero anche la domanda inerente il citato accordo sindacale sottoscritto da una delle società del Gruppo, sempre sulla base del principio in forza del quale le domande riguardanti un soggetto terzo rispetto al rapporto di lavoro sono estranee a tale rito.
Il Tribunale si è poi spinto oltre, escludendo più in generale dal novero delle controversie azionabili con il Rito Fornero anche quelle che prevedano la soluzione di "questioni … in ordine alla ascrivibilità del rapporto di lavoro a società diversa da quella che tale qualità formalmente riveste", così di fatto introducendo il dubbio che il rito non sia azionabile in caso di controversia che riguardi l'accertamento della illiceità della somministrazione di lavoro (anche in ambito di appalto illecito) o persino la impugnazione del licenziamento nei confronti del cessionario di azienda (nell'ambito del trasferimento di azienda o di ramo di azienda).

In realtà, una limitazione così ampia del ricorso al Rito Fornero risulterebbe in contrasto con la previsione della norma, che come detto prevede espressamente la facoltà di agire con tale rito anche qualora debbano essere risolte questioni "attinenti alla qualificazione del rapporto di lavoro", locuzione che non può non ricomprendere le citate ipotesi di licenziamento nell'ambito di una somministrazione illecita di manodopera o nell'ambito di un trasferimento di azienda.

Pare dunque più coerente con il disposto normativo, oltre che con l'oggetto della controversia in esame, trarre dall'Ordinanza qui commentata semplicemente la conferma in ordine al fatto che il Rito Fornero deve lasciare spazio al rito ordinario del lavoro qualora il dipendente impugni il licenziamento contestando l'illecito frazionamento societario ovvero la violazione, da parte di una società diversa da quella che lo ha licenziato, di un presunto obbligo di riassunzione previsto in un accordo sindacale.

I complessi temi di natura tecnico-giuridica che le riforme in fase di attuazione stanno creando in materia di diritto del lavoro meritano un rito chiaro, univoco e di semplice utilizzo, come in fondo è sempre stato il rito speciale del lavoro nell'era "pre-fornero".
L'auspicio è che il legislatore si accorga dei problemi (come quello qui esaminato) che sta generando l'intricato e zoppicante Rito Fornero e faccia un passo indietro, o meglio, un passo in avanti verso il ritorno alla certezza del rito del lavoro, considerato che in ambito giuslavoristico (più che in tutti gli altri settori del diritto), certezza del rito e certezza del diritto viaggiano di p

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