Contenzioso

Recesso per il lavoro in malattia

di Aldo Monea

Il dipendente che è assente per malattia ma nello stesso tempo lavora presso un concorrente del suo datore di lavoro, viola il dovere di non concorrenza previsto dal suo contratto collettivo e può essere licenziato. È il principio stabilito dalla Cassazione nella sentenza 15365 del 4 luglio 2014 (sezione Lavoro), che conferma il ragionamento analogo seguito dai giudici di merito.
Il doppio lavoro
Il caso esaminato dalla Corte è quello del macellaio di un supermercato che, assente per malattia dal suo posto di lavoro, svolge le stesse mansioni in un'altra impresa.
Il suo datore di lavoro lo licenzia e il lavoratore ricorre al giudice del lavoro, sostenendo l'illegittimità dell'atto. Ha così inizio un'intricata vicenda giudiziaria. Tribunale e Corte d'appello danno ragione al lavoratore. La seconda, in particolare, giudica sproporzionata la sanzione del licenziamento, poiché l'attività svolta non ha compromesso la guarigione.
La questione, quindi, arriva, una prima volta, in Cassazione, avendo il datore fatto ricorso per l'omesso esame, da parte della Corte di merito, della sua contestazione su una presunta violazione del divieto di concorrenza. I giudici di legittimità (sentenza 16375/2012) gli danno ragione e rinviano nuovamente la decisione nel merito alla Corte. Questa, a sua volta, giudica irrogabile il licenziamento secondo quanto previsto dall'articolo 151 del Contratto collettivo nazionale di lavoro, perché il lavoratore, nello svolgere attività lavorativa presso un'altra macelleria, ha violato il dovere di non concorrenza.
A questo punto è il lavoratore licenziato a ricorrere in Cassazione, sostenendo l'insufficiente e contraddittoria motivazione. I giudici di legittimità, con la sentenza 15365/2014 del 4 luglio scorso, gli danno torto e riconoscono, invece, la correttezza della più recente decisione di appello. Risulta infatti che la Corte non solo abbia accertato in modo congruo e coerente la violazione dell'articolo 151 del Ccnl, constatando che il dipendente avesse lavorato in un esercizio concorrente, ma che abbia anche correttamente verificato la gravità della violazione, considerando la la condotta sleale del dipendente che ha addotto una malattia presumibilmente insussistente (visto il contemporaneo lavoro presso altri).
La logica conseguenza giuridica di questo ragionamento è il rigetto del ricorso e il riconoscimento della legittimità del licenziamento intimato al lavoratore.
La sentenza 15365/2014 è particolarmente interessante perché, nel confermare il ragionamento dei giudici di merito secondo cui il lavoro presso imprese concorrenti costituisce violazione del divieto di concorrenza ed è quindi rilevante per un recesso datoriale, integra, in certa misura, anche la precedente giurisprudenza di legittimità (ex plurimis, Cassazione 16375/2012) secondo cui il «doppio lavoro» costituisce giusta causa di licenziamento solo quando la nuova attività faccia presumere l'inesistenza di un'infermità che giustifichi l'assenza o questa sia tale, in relazione alla natura e alle caratteristiche dell'infermità denunciata e alle mansioni svolte nell'ambito del rapporto di lavoro, da pregiudicare o ritardare la guarigione del lavoratore.

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