Contenzioso

«Intermittente» a rischio se conta solo l'età anagrafica

di Donato Apollonio

È discriminatoria la disparità di trattamento dei lavoratori basata solo sul requisito dell'età se non è ragionevolmente giustificata da un legittimo obiettivo di favorire il loro inserimento nel mercato del lavoro. Sono queste le conclusioni cui è giunta la Corte d'appello di Milano (sentenza n. 406 depositata lo scorso 3 luglio 2014), che ha così riformato la precedente decisione del Tribunale.

Questi, in sintesi, i fatti di causa. Un lavoratore di età inferiore a 24 anni era stato assunto con contratto a chiamata a tempo determinato, successivamente convertito a tempo indeterminato, sulla sola base del requisito anagrafico e dunque così come formalmente consentito dalla legge Biagi (articoli 33 e seguenti del Dlgs 276/03).

In particolare, la norma all'epoca in vigore (ma sul punto la vigente disciplina non ha apportato modifiche) non richiedeva che il giovane lavoratore fosse disoccupato o in cerca di prima occupazione o in mobilità o, ancora, privo di formazione professionale.

Non appena compiuti i 25 anni di età, il datore di lavoro aveva comunicato al dipendente la cessazione del rapporto, così come consentito dalla citata normativa.

Ritenendo illegittimo il licenziamento, il lavoratore lo aveva impugnato sostenendo il carattere discriminatorio della condotta aziendale, che avrebbe violato l'articolo 6 della direttiva CE 2000/78 (per il quale la disparità di trattamento collegata all'età deve essere giustificata da una finalità legittima) e l'articolo 3 del Dlgs 216/03 (attuativo della citata direttiva).

Nell'accogliere la domanda del lavoratore, la Corte d'appello ha richiamato i contenuti della direttiva europea, per la quale è essenziale distinguere tra le disparità di trattamento giustificate da obiettivi legittimi di politica occupazionale, mercato del lavoro e formazione professionale e le discriminazioni, che devono essere invece vietate.

Quello di non discriminazione in ragione dell'età va considerato, secondo la giurisprudenza della Corte europea, un principio generale del diritto comunitario ed è compito del giudice nazionale garantirne a piena efficacia disapplicando le disposizioni statuali eventualmente confliggenti.

In questo contesto l'attuale articolo 34 della Legge Biagi non fa alcun riferimento alle ragioni di politica del lavoro che giustificherebbero l'applicazione di un contratto pacificamente più pregiudizievole, per le condizioni che lo regolano, di un ordinario contratto a tempo indeterminato e pertanto, secondo i giudici milanesi, la discriminazione che si determina rispetto a coloro che hanno superato i 25 anni non trova alcuna ragionevole obiettiva motivazione.

Ne consegue che, ritenuto il carattere discriminatorio dell'articolo 34 del Dlgs 276/03, deve considerarsi illegittimo il comportamento del datore di lavoro che ha proceduto all'assunzione con contratto a chiamata esclusivamente in base all'età anagrafica, a nulla valendo che la società si sia limitata ad applicare una disposizione di legge vigente senza alcun intento discriminatorio posto che, secondo la Corte d'appello, l'elemento soggettivo non ha alcuna valenza atteso che ciò che rileva è l'esito finale costituito dall'obiettiva condizione di trattamento disuguale.

L'azienda è stata di conseguenza condannata a riammettere in servizio il lavoratore a tempo indeterminato e a corrispondergli la retribuzione per il periodo intercorrente dalla cessazione del rapporto di lavoro alla sua ricostituzione.

Non constano precedenti sulla natura discriminatoria e/o sull'illegittimità del contratto di lavoro intermittente stipulato sulla sola base del requisito anagrafico; attualmente è possibile instaurare questo rapporto con soggetti che abbiano meno di 24 anni (in questo caso le prestazioni lavorative devono essere svolte entro il 25° anno di età) o più di 55 anni.
È presumibile che la sentenza milanese apra le porte ad un esteso contenzioso che certo non contribuirebbe alla diffusione di questo tormentato istituto più volte oggetto di modifiche e temporanee abrogazioni.

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