Contenzioso

La Consulta dichiara l'illegittimità delle sanzioni sull'orario di lavoro

di Carmine Santoro


La Corte Costituzionale 4 giugno 2014, n. 153 incrina il sistema sanzionatorio in materia di orario di lavoro; la pronuncia è limitata al testo normativo non più attualmente in vigore, sicché essa è destinata ad incidere sul contenzioso in corso, ma non sugli accertamenti ispettivi.
Nel corso di un giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione, il Tribunale ordinario di Brescia sollevava, in riferimento all'art. 76 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 18-bis del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66. Il giudice a quo osservava che il D.Lgs. n. 66 del 2003 era stato emanato sulla base della delega contenuta nella legge 1° marzo 2002, n. 39, la quale prevedeva il criterio direttivo per cui «saranno previste sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni che siano omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi». Sulla base di simile previsione, il giudice remittente poneva a confronto le regole previste in materia di orario di lavoro nella disciplina previgente e quelle contenute nel D.lgs. n. 66 del 2003, allo scopo di verificare se si potesse parlare di violazioni «omogenee e di pari offensività», pervenendo alla conclusione affermativa. Sicché, secondo il Tribunale, l'unicità della materia e la semplice differenziata modulazione dei sistemi di conteggio dei limiti massimi consentono di ritenere che la nuova disciplina sia omogenea rispetto alla precedente, con conseguente illegittimità delle nuove sanzioni.
La Corte ritiene fondata la questione di legittimità costituzionale posta. Secondo il giudice delle leggi, il sistema delineato dal D.Lgs. n. 66 del 2003 presenta una definizione dei limiti di lavoro e delle relative violazioni omogenea rispetto a quella precedente. Alla Corte sembra innegabile che, nonostante le indubbie diversità, vi sia una sostanziale coincidenza nella logica di fondo che anima i due diversi sistemi: entrambi sanzionano l'eccesso di lavoro e lo sfruttamento del lavoratore che ne consegue, ponendo limiti all'orario di lavoro giornaliero e settimanale ed imponendo periodi di necessario riposo. Ai fini, quindi, del rispetto dei criteri fissati nella legge delega, la Consulta afferma che le sanzioni amministrative previste dal r.d.l. n. 692 del 1923 e dalla legge n. 370 del 1934 corrispondono a violazioni da ritenere omogenee rispetto a quelle regolate dal d.lgs. n. 66 del 2003 e che, pertanto, la normativa sanzionatoria oggetto di scrutinio era tenuta al rispetto della previsione della delega, nel senso della necessaria identità rispetto alle sanzioni precedenti; queste ultime, peraltro, erano state già elevate dal D.Lgs. n. 758 del 1994.
Risulta in modo evidente, osservano i giudici, proprio sulla base del confronto sopra compiuto, che le sanzioni amministrative di cui all'art. 18-bis del D.Lgs. n. 66 del 2003 sono più elevate di quelle irrogate nel sistema precedente.
La Corte conclude per la fondatezza della questione di legittimità costituzionale, perché effettivamente sussiste la violazione del criterio direttivo contenuto nell'art. 2, comma 1, lettera c), della legge di delega n. 39 del 2002, e la conseguente declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate, per violazione dell'art. 76 Cost.
La pronuncia spiega i suoi effetti esclusivamente sul testo originario dell'art. 18-bis, senza riguardare dunque quello, attualmente in vigore, risultante dalle modifiche successive di detta norma. Invero, trattandosi di censura d'incostituzionalità per eccesso di delega, è chiaro che le nuove norme, emanate non in virtù di deleghe legislative, sono immuni dagli effetti della pronuncia. Pertanto, l'effetto pratico che discende dalla sentenza della Consulta riguarda esclusivamente il contenzioso, amministrativo e giurisdizionale, pendente tra le direzioni territoriali del lavoro e le aziende sanzionate.

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