Agevolazioni

Le mosse del datore sul rientro dei cervelli

di Alessandro Rota Porta e Manuela Lombardo

Le aziende italiane potrebbero avere più chances di inserire lavoratori di rientro dall’estero, dato l’allargamento delle agevolazioni fiscali previste per questi lavoratori, in vigore dal 1° maggio, con le modifiche al Dlgs 147/2015 introdotte dal decreto «crescita».

Salvo novità che dovessero arrivare in sede di conversione in legge del decreto 34/2019, l’articolo 5 del provvedimento è intervenuto in primo luogo sulla percentuale di esenzione per il reddito prodotto in Italia innalzandola al 70% (in precedenza era fissata al 50%). Quest’ultima aumenta al 90% per chi trasferisce la residenza nelle regioni di Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia.

Inoltre, sono state previste alcune ipotesi di estensione, dando la possibilità di applicare l’agevolazione per ulteriori cinque anni, nel caso in cui il lavoratore abbia un figlio minorenne a carico, anche in affido preadottivo, o acquisti un immobile residenziale in Italia dopo il trasferimento, o nei 12 mesi a esso precedenti. In queste ipotesi, per gli ulteriori cinque anni, i redditi concorrono a formare l’imponibile per il 50% del loro ammontare: se il lavoratore ha almeno tre figli nelle condizioni di cui sopra, la percentuale di tassazione è fissata al 10 per cento.

I passaggi aziendali

Il datore che assume un impatriato - intenzionato a usufruire del regime agevolato - deve ottenere dallo stesso una richiesta scritta contenente le generalità, l’indicazione della data di rientro in Italia e della prima assunzione in Italia (in caso di più assunzioni); la dichiarazione di possedere i requisiti soggettivi previsti dalla norma; la specifica dell’attuale residenza in Italia e l’impegno a comunicare tempestivamente ogni variazione (prima che sia decorso il periodo minimo richiesto per usufruire dell’agevolazione), oltre all’attestazione di non beneficiare contemporaneamente di altri incentivi fiscali (divieto di cumulo).

È anche importante che il datore si faccia rilasciare una dichiarazione attestante il periodo d’imposta a partire dal quale è richiesta l’agevolazione, perché il lavoratore ha la facoltà di presentare la domanda anche in caso di seconda e successiva assunzione (rispetto a quella per cui è rientrato).

Esauriti questi passaggi, il datore di lavoro deve dare corso al beneficio dal periodo di paga successivo alla presentazione della richiesta e, in sede di conguaglio, dalla data di assunzione, con applicazione delle ritenute sull’imponibile ridotto alla percentuale tassabile prevista dal regime agevolativo, al quale vengono commisurate le relative detrazioni. Poi, in sede di certificazione unica, il datore dovrà riportare sia i redditi sui quali ha calcolato l’imposta (percentuale agevolata), sia quelli che non hanno concorso a formare l’imponibile.

Se l’azienda non ha potuto riconoscere l’agevolazione, il contribuente può fruirne - se ha i requisiti - direttamente attraverso la dichiarazione dei redditi: in questa ipotesi, il datore dovrà comunque indicare il reddito già corrisposto nella misura ridotta.

Le altre novità e semplificazioni

Infine, il Dl 34/2019 semplifica notevolmente l’ambito soggettivo di accesso al bonus: possono così godere del beneficio i lavoratori dipendenti, gli autonomi e i titolari di redditi assimilati al lavoro dipendente e, dal 1° gennaio 2020, anche i soggetti che avviano un’attività d’impresa in Italia.

L’agevolazione è applicabile a tutti i contribuenti – non più ai soli lavoratori in posizioni direttive o di elevata qualificazione o specializzazione - che trasferiscono la residenza in Italia, in base all’articolo 2 del Tuir e che non sono stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti al trasferimento. Inoltre, questi si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni e a svolgere attività lavorativa prevalentemente in territorio italiano. Ora, con il Dl 34/2019, sono ammessi al regime speciale anche i soggetti non iscritti all’Aire rientrati in Italia dopo il 31 dicembre 2019, purché abbiamo avuto la residenza in un altro Stato in base a convenzioni contro le doppie imposizioni, nei due periodi di imposta precedenti.

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